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-Lestat-
view post Posted on 2/2/2011, 12:51




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Recensione del Pilot da serialmente:
C’è un motivo se le storie di pugilato non vanno mai fuori moda, un motivo per il quale la saga di Rocky Balboa ha avuto sei diversi capitoli, per il quale ogni tanto salta sempre fuori un nuovo film sul tema (ultimo in ordine di tempo, The Fighter). Questi sono film che, quando ben fatti, parlano di storie emozionanti di redenzione e riscatto, storie che dietro all’evidente richiamo degli omaccioni che si prendono a cazzotti a due a due finché non diventano dispari raccontano il livello di passione che si può provare per una disciplina sportiva tanto violenta quanto nobile. E’ una tipologia di racconto che però, stranamente, nessuno ha mai provato davvero a trasportare nel mezzo televisivo, forse perché frenati dall’apparente mancanza di spunti a lungo termine che il genere sembrerebbe fornire… almeno finora. Lights Out, infatti, è (almeno a memoria, ma smentitemi pure) il primo vero tentativo di trasposizione serializzata della classica storia pugilistica, e pur toccando ogni singolo clichè del genere (vecchio coach burbero_ma_saggio? Check. Moglie del campione che odia lo sport? Check. Ex campione in cerca di rivalsa? Check), lo fa con tanta di quella classe che è difficile prendersela più di tanto per questo.

La storia è di quelle che avrete già sentito più e più volte prima d’ora(il quinto capitolo di Rocky, Cinderella Man, Toro Scatenato, persino The Wrestler): Patrick “Lights” Leary è un pugile che decide di appendere i guantoni al chiodo, dopo aver perso il titolo del mondo per una decisione controversa, spinto dall’ultimatum della moglie Theresa, stanca di vederlo ridursi in quelle condizioni e di vivere con la costante paura che il prossimo incontro potrebbe essere quello che lo mette su una sedia a rotelle, o peggio ancora. E così, per cinque anni, Patrick si dedica alla sua famiglia, badando alle sue tre figlie e concedendo di tanto in tanto interviste a programmi di approfondimento sportivo, cercando di rimanere nel circuito nella speranza che qualcuno gli offra un lavoro da commentatore televisivo. Ma cinque anni sono più che sufficienti per dilapidare i risparmi di una vita, soprattutto quando a gestirli è un fratello/manager che sbaglia tutti gli investimenti. E così Lights si ritrova improvvisamente ad abitare in una villa che non può più permettersi, con tre figlie in una scuola privata che non può più pagare e un tenore di vita che non può più sostenere – non con una palestra che non fa proprio affari d’oro, e di certo non con le sporadiche, umilianti comparsate come special announcer al bingo per pochi spicci.

E sulla soglia della quarantina, a Patrick restano soltanto due scelte: lavorare per il mafiosetto locale che lo vuole per occuparsi del “recupero crediti” della sua organizzazione, o accettare l’offerta di rematch lanciatagli da quello stesso “Death Row” Reynolds che cinque anni prima gli ha strappato il titolo, cosa che risolverebbe abbondantemente tutti i suoi problemi finanziari, visto che sul piatto ci sarebbero dieci milioni di dollari. Questo però significherebbe rompere la promessa fatta alla moglie, che all’epoca disse chiaramente “scegli: o lasci, o ti lascio”, per non parlare dei rischi che un ritorno sul ring porterebbero alla sua salute mentale, già abbastanza provata da quella che in gergo viene chiamata “demenza pugilistica” e che, in molti casi, per un pugile è praticamente l’anticamera dell’Alzheimer.

Cosa fare? Rimanere ritirato, salvare il proprio matrimonio e trovarsi un lavoro onesto rinunciando al tenore di vita da superstar, alla scuola privata per le figlie, alla macchina sportiva, alla villa lussuosa? Tornare sul ring, per pagare i debiti e provare a riprendersi quella cintura di campione che sente sua, ma rischiare di perdere la sua famiglia, o addirittura la sua salute? Scelta sicuramente difficile, anche se forse non c’è poi molto da scegliere, perché Lights potrebbe avere già deciso. Semplicemente, non se n’è reso ancora conto. E per quanto il ritiro possa essere stato, per sua stessa ammissione, “la miglior decisione che abbia mai preso”, la verità è che a lui colpire la gente piace.

La cosa migliore che la serie potesse fare è lasciarcelo vedere con i nostri occhi mostrandocelo attraverso quella meravigliosa sequenza a flashback intrecciati, che alterna immagini di Patrick che racconta alla figlia minore di non essere un uomo violento ad altre in cui lo vediamo reagire con violenza a certe situazioni in cui prima sembrava avesse preso la strada della non belligeranza. Certo, in entrambi i casi è stato abbondantemente provocato, ma avrebbe ancora potuto allontanarsi senza per forza rompere il braccio al tizio che lo minacciava con una mazza da baseball, per quanto quel tipo possa esserselo meritato. Peggio ancora fa col broker ubriaco al bar convinto di poterlo battere in una rissa, perché in quel caso si era davvero allontanato, salvo poi tornare e chiedere se se la sente di scommetterci sopra soltanto per non dare l’impressione di aver accettato la sfida con l’unico scopo di menarlo a sangue. Facile quindi prevedere che, nonostante le sue proteste col fratello che vuole organizzare l’incontro, nonostante tutti i rischi che il ritorno sul ring potrebbero portare al suo matrimonio e alla sua salute, alla fine Patrick accetterà la sfida, perché sa di saper fare soltanto una cosa, e di saperla fare bene. Patrick è un pugile, e la boxe è l’unico modo che conosce di guadagnarsi da vivere.

Sapere che Lights finirà per accettare la sfida, però, non toglie nulla ad un pilot solido e avvincente che, come tutti i migliori telefilm di genere, riesce a suscitare un certo interesse nonostante la prevedibilità della premessa. E’ un episodio, questo, che – per dirla in termini pugilistici – ti colpisce ai fianchi per quaranta minuti con ritmo e precisione, senza mai strafare, consapevole di avere a disposizione ancora dodici episodi riprese per mandarti al tappeto. Manca il colpo del knock-out, quello che ti manda gambe all’aria e ti lascia lì a chiederti cosa sia successo, ma è abbastanza evidente che si tratta di una precisa scelta stilistica. Chi ne esce a testa alta sin dall’inizio, però, è Holt McCallany, uno che ha fatto la parte del thug ignorante picchiato dall’eroe di turno in un numero imprecisato di filmacci d’azione, ma che qui riesce a calarsi nei panni di Lights (merito anche del suo vero background pugilistico, avendo praticato lo sport da ragazzo) e a fare suo il personaggio con una facilità disarmante. McCallany ha il fisico giusto, ovviamente, ma ha anche un certo modo aggraziato di muoversi e di interagire con ciò che lo circonda, quel tipo di cauta eleganza tipica di chi sa che il suo corpo è un’arma letale e che passa gran parte del tempo ad accertarsi che la sicura sia inserita.

Resta soltanto da vedere se Warren Leight (l’anno scorso showrunner di In Treatment, qui subentrato al timone della serie dopo l’abbandono di Justin Zackham) e il suo team di sceneggiatori riusciranno a diluire sapientemente la storia nell’arco di un’intera stagione, senza rallentare troppo il ritmo. Per ora la serie promette di mantenere tutte le aspettative, e come ogni buona storia sul pugilato che si rispetti sembra essere in grado di analizzare le difficoltà a cui va incontro un uomo che per tanti anni ha definito la sua identità con una disciplina che ormai non fa più parte della sua vita, incapace di trovare un’alternativa al pugilato che gli permetta di raggiungere una certa stabilità emotiva e finanziaria. Intanto, in attesa dei pezzi grossi annunciati dei prossimi mesi (The Killing, Luck, e qualcuno ha detto Game of Thrones?), per ora Lights Out può fregiarsi tranquillamente del titolo di miglior nuova serie del 2011. Non sarà il titolo di campione dei pesi massimi, ma è già qualcosa.

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Ho visto i primi 3 episodi trasmessi,devo dire che mi garba molto,se non altro vedo qualcosa di pugilato :lol:
La storia è abbastanza complessa,come qualsiasi prododdo FX,(vedi Sons Of anarchy,Justifield,ecc ecc)
le buone potenzialità ci sono tutte,personaggi fatti bene.
Vediamo come andrà,intanto per chi lo seguirà in italia dovrà aspettare ancora qualche mese credo...
c'è qualcuno qui che ama il pugilato? :rolleyes: :P
 
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view post Posted on 25/10/2013, 07:58
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Pessimo pilot non mi è piaciuto proprio per niente; capisco perchè e durato una sola stagione...
Mi fermo subito quà con questo telefilm.
 
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